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Página 9 - Santa Cruzada Fevereiro 2024
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 cielo «un esercito» che inneggia a Dio osannandolo di gloria. Non tutti, nelle notti del mondo, rie- scono a vedere angeli che cam- minano in mezzo a loro. Oggi più che mai. Non solo perché pochi ancora credono nell’esistenza degli angeli, ma soprattutto per- ché le nostri notti sono accecate di palliativi di luce artificiale, che non permettono di vedere quella naturale, quella “vera”. Ma anche perché la maggior parte della gente la notte copre con una coltre di sonno o di narcotico le attese, le ansie, le inquietudini.
La veglia è di chi soffre, di chi attende, di chi ama. Come fa- cevano i pastori di Betlemme, che non si fidavano di lascia- re le loro greggi fuori, quando le tenebre avrebbero potuto disperderle o farle vittime di rapina. Ed ecco un angelo si avvicina dopo un lungo cam- mino: doveva essere lo stesso che era apparso a Zaccaria nel Tempio di Gerusalemme e che era volato in Galilea, a casa di una vergine, a Nazareth... Maria. Ora arrivava sui pascoli aperti di Betlemme, la città di Iesse, il padre del pastorello David.
«Essi furono presi da grande paura», ebbero cioè una reazio- ne di turbamento simile a quella di Zaccaria alle parole dell’an- gelo e simile a quello di Maria (cfr. Lc 1, 12.29). La scena che Luca dipinge ci fa ricordare la liturgia dell’incenso nel tempio; la notte sembra il Santo (dove nel tempio si trovava l’altare dei profumi) e i pastori sono tutti come Zaccaria, dentro una cattedrale di cielo. L’angelo, in- fatti, li inonda di luce, negli oc- chi e nel cuore, poiché la luce è grembo di una grande gioia
che «sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi un salvatore!». Dio viene a bivaccare tra i pastori, in mezzo al suo popo- lo amato ed eletto: il Salvatore è deposto in mezzo ai desolati campi invernali, in una mangia- toia. Come se fosse quel bambi- no il cibo per le greggi affamate e il pane per gli stessi pastori! L’angelo indica loro quel “pane del cielo” che si cela in un bam- bino in fasce: lì c’è il messia, lì in mezzo a loro è la grazia pura di Dio! Lì la porta della pace. «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini del suo diletto» (Lc 2, 14). Gli ange- li annunciano pace agli uomini che accolgono quel Figlio; essi sono il “diletto” di Dio, proprio come lo stesso Figlio, di cui il giorno del battesimo nel Gior- dano Dio Padre dirà: «In te ho posto il mio diletto» (Lc 3, 22). La pace è il segno della ve- nuta del vero Dio. Il suo arrivo si vedrà sui campi di Palestina e di Giudea. Lì dove anche oggi, come ieri, la povera gente è in- vece consumata dalla guerra. Lì dove i greggi sono smarriti di- spersi, rapiti, macellati... e non ci sono pastori saggi come quelli che vegliavano di notte quando l’angelo venne a visitarli e indicò loro dove fosse il “buon Pasto- re”. Non ci sono pastori aman- ti e costruttori di pace, capi di governo che custodiscono la vita dei loro popoli. I pastori di Palestina e di Israele e di tante altri regioni e paesi del mondo – compresi quelli che si dicono “avanzati” e rispettosi del diritto internazionale! – si comportano come il re Erode: «Quando Ero- de scoprì che i Magi lo avevano preso in giro, andò su tutte le
furie e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlem- me e dintorni da due anni in giù, calcolando con esattezza il tem- po indicatogli dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e lamento irrefrena- bili; Rachele piange i suoi figli e non vuole consolazione, perché sono morti» (Mt 2, 16-18). Tre versetti raccontano un passato che si rispecchia perfettamente nel presente. È quanto vedia- mo ancor oggi in Terrasanta: i massacri dei bambini, la stra- ge di migliaia di innocenti e il silenzio complice di tanti paesi del mondo. Grande e inconso- labile è il dolore della madre terra che piange i suoi figli. E se la Chiesa è madre – come dice papa Francesco – gran- de è anche il suo dolore, come altrettanto lo è la sua vocazio- ne, quella di costruire la pace.
La prima opera di pace è il gri- do che deve uscire senza requie dalle nostre gole sui corpi del- le creature di Dio violati da chi, considerando giusta la vendetta e necessaria la guerra, si erge a padrone della storia, sostituen- dosi a Dio. La seconda opera di pace è la denuncia del male che gli umani perpetrano sugli uma- ni, la resistenza alla malvagità, la rinuncia al silenzio e il coraggio di rischiare qualsiasi repressio- ne. La terza opera della pace è quella di Giuseppe che, avvisato da un angelo in sogno, prende il bambino Gesù e scappa in Egit- to. È farsi responsabili della vita degli altri, in specie dei bambini. Giuseppe fu... il salvatore del Salvatore! Ogni cristiano faccia altrettanto.
 La Santa Crociata in onore di San Giuseppe | febbraio 2024 9




























































































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